Palazzo dell’Arte – La storia

esterno

PALAZZO DELL’ARTE

Palazzo dell’Arte a Cremona, l’opera ideata nel 1941 dall’architetto Carlo Cocchia, è tornato all’antico splendore grazie al munifico intervento della Fondazione Arvedi-Buschini. I lavori si sono conclusi nel mese di settembre del 2012.
L’edificio ristrutturato accoglie il Museo del Violino, elemento propulsore dell’attività culturale del territorio e concreto simbolo della storica eccellenza liutaria cremonese.

 

STORIA (a cura di Anna Adami, storico dell’arte)

PARS DESTRUENS

Gli anni Trenta del Novecento rappresentano per Cremona un’epoca cruciale, e non solo per la liuteria.
Il regime fascista mette in atto un processo di rinnovamento urbanistico che sconvolge profondamente l’assetto del centro storico, inserendo nel tessuto pullulante di testimonianze architettoniche antiche una serie di edifici rappresentativi di una cultura moderna che si voleva vincente, potente, solida. Roberto Farinacci (1892-1945) è il principale promotore di questo disegno, e la costruzione di Palazzo dell’Arte (1942-1946), che oggi ospita il Museo del Violino, ne costituisce l’ultimo atto.
Lo spazio che l’edificio occupa nasce infatti dalla precedente demolizione (1924) della chiesa di Sant’Angelo, una tra le più antiche della città, retta prima dai Benedettini, poi dai Francescani Osservanti fino al 1810, ed oggi ricordata nel toponimo della piazza alle spalle del palazzo. A questa prima distruzione fa seguito quella dell’annesso chiostro e di costruzioni a questo abbarbicate, definite malsane (1936-1939).
L’intento di quest’opera di sventramento è di ricavare un’area monumentale che chiuda il tracciato dell’antico cardo maximus della città e che possa ospitarne i diversi mercati.
Questo vuoto urbano viene poi delimitato, a nord, dalla costruzione (1938) della sede de “Il Regime Fascista”, la rivista diretta da Farinacci, con il suo stabilimento tipografico, uffici ed appartamenti. Lo spazio, quindi, con delibera podestarile (1940) prende il nome di “Piazza Guglielmo Marconi” in omaggio al fisico italiano premio Nobel morto nel 1937.
All’aprirsi degli anni Quaranta, sul lato sud, Palazzo dell’Arte vede la luce.

PARS CONSTRUENS

Contaminando tradizione ed innovazione, Palazzo dell’Arte è uno dei capolavori della prima produzione dell’architetto napoletano Carlo Cocchia (1903-1993) e si distingue con forza nel panorama architettonico cremonese del Ventennio, chiudendo in senso monumentale il lato sud di piazza Marconi.
Dovuto principalmente alla volontà di Farinacci, desideroso di dare una sede appropriata ad alcune manifestazioni artistiche e culturali (in primis il “Premio Cremona”), viene progettato entro il 1941 ed innalzato, non senza punti oscuri nei procedimenti burocratici, nel pieno periodo bellico (1942-1946), subendo peraltro l’interruzione dei lavori di costruzione, ultimati solo nell’immediato dopoguerra.
L’edificio mescola una lontana ispirazione mediterranea ad un’eco di modernità milanese (il riferimento, seppur vago, è al Palazzo della Triennale di Giovanni Muzio). La struttura contempla due ali, contenenti in origine due corti e collegate da portici su colonne diaframmanti uno spazio aperto, tangenti ad un massiccio corpo centrale destinato a grandi eventi, oggi trasformato in Auditorium.
Si qualifica per l’asciutta definizione dei volumi, la rigorosa distribuzione degli spazi interni e per un utilizzo sapiente, originale e sofisticato del laterizio, che riveste l’edificio e ne anima a livello epidermico la superficie, creando effetti cromatici e materici unici. Mattone e marmo prevalgono anche all’interno, coniugando il colore del cotto con la solidità della pietra.
Con esso Cremona si arricchisce di un elemento che porta con sé radici estranee alla cultura locale ed esiti di un dibattito di respiro nazionale che si innestano, mediati dalla creatività di Cocchia e dai filtri imposti dalle commissioni edilizie, su un contesto urbano con cui crea un dialogo dagli effetti sorprendenti: quelli di un corpo estraneo che si installa con una sua forza e allo stesso tempo con una sua intelligenza nel tessuto storico. E che possiede ancora, nonostante la prestigiosa, nuova destinazione che lo riporta all’originale funzione espositiva, quell’intrigante fascino dell’incompiuto.

PARS FACIENS

Palazzo dell’Arte doveva essere pronto entro la primavera del 1943 per ospitare le celebrazioni del III centenario della morte di Monteverdi, la scuola di liuteria e la IV edizione del “Premio Cremona”. Ma gli eventi precipitano, ed il concorso artistico non viene realizzato.
Temporaneamente destinato a necessità belliche, nel 1946 è riaffermato dal Comune come sua proprietà.
Nei decenni gli sono stati assegnati differenti ruoli, nonostante una continua, vana rivendicazione da parte del mondo artistico cremonese come sede espositiva. Ruoli che lo hanno trasformato in un “contenitore” in grado di ospitare numerose esposizioni d’arte e fiere merceologiche, “trattenimenti danzanti diurni e serali”, palestre e incontri sportivi, assemblee e conferenze di ogni sorta, sedi di enti, comitati ed associazioni di ogni genere, spettacoli teatrali, musicali e cinematografici, iniziative benefiche, e così via.
E la liuteria? È da sempre presente nella storia del palazzo. Qui si tengono la Mostra internazionale di liuteria del 1949 ed alcune biennali tra gli anni ’60 e ’70. Qui la Scuola internazionale di liuteria si trasferisce nell’estate del 1956, e vi rimane fino al 1974, quando si sposta a Palazzo Raimondi. L’annesso Museo della Liuteria vi resta fino al 1975, quando trasloca in Palazzo Affaitati.
Ma non si possono dimenticare il Museo di Storia Naturale, inaugurato nel 1958 e qui ospitato fino al 1995, e le sezioni di arredamento che dal 1960 hanno arricchito l’offerta formativa della scuola fino ad anni recenti.
Quando piazza Marconi è utilizzata come stazione dei pullman (fino al 1987), alcuni ambienti del palazzo ne ospitano biglietteria e caffetteria. Il mercato vivifica gli spazi intorno ad esso per decenni, fino al 1999. Dal 2005 al 2007 l’edificio alloggia i depositi e i laboratori degli archeologi impegnati nell’imponente campagna di scavo che ha portato alla luce i resti di una lussuosa Domus romana di età augustea i cui preziosissimi reperti oggi si conservano al Museo Archeologico di San Lorenzo.
Quello che è stato definito “Palazzo del disordine” per la mescolanza di funzioni ricoperte, dopo una prima ipotesi di restituzione a sede museale come Museo del Calcio oggi celebra l’eccellenza della liuteria cremonese e mondiale come Museo del Violino.

IL PROGETTO (nota dei progettisti Giorgio Palù e Michele Bianchi)

Il progetto architettonico per Palazzo dell’Arte poggia sul tema della bipolarità espositivo – musicale rappresentata dalle funzioni intrinseche nel Museo del Violino e nell’Auditorium. Il Museo del Violino è un museo del e per il futuro, è un museo attivo, partecipato, empatico, che nasce con un’idea forte: accorpare sotto un unico tetto il meglio dell’espressione liutaria cremonese, precedentemente suddivisa in tre musei.
Conservando l’identità storico-strutturale dell’edificio progettato dal Cocchia si è proceduto diversificando, negli allestimenti delle dieci sale, le molteplici funzioni indicate dal Comitato Scientifico al fine di creare una struttura unica, dinamica e interattiva pensata con un alto profilo comunicativo. Nell’insieme le aree portanti del progetto per Palazzo dell’Arte sono rappresentate da: Museo del Violino, Padiglione Esposizioni Temporanee e Auditorium. Le necessità prospettate dalla multimedialità rappresentano elementi che il progetto di architettura collega in un articolato itinerario di conoscenza, lettura e approfondimento, ripetibile in una circolarità tendenziale che attraversa l’edificio e ne valorizza i luoghi focali.
L’architettura dell’Auditorium asseconda le esigenze acustiche assumendo, nel contesto globale, un rilievo dal forte carattere evocativo. L’esuberanza della sua plasticità cita un’architettura espressiva e fluida che evolve senza soluzione di continuità con morbidezza di snodi, in cui tutto si collega e si riprende, in un’unità discorsiva, fra pacatezza e decisi accenti volumetrici, aspetti e intenzioni, queste, volte a rappresentare in forma tridimensionale i movimenti della composizione musicale.