La Scuola toscana del Novecento

La scuola toscana del Novecento

Due importanti presenze segnarono la scena liutaria toscana degli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900. Nel 1866 arriva a Firenze Giuseppe Scarampella (Brescia 1838 – Varese 1902). Forte di una formazione professionale di tutto rispetto a Parigi nella bottega di Nicolò Bianchi, ebbe un importante influsso sull’ambiente liutario toscano, elevando lo standard del restauro a livelli internazionali. Costruì pochi ma raffinatissimi strumenti. Nel 1880 Valentino De Zorzi (Vittorio Veneto 1837 – Firenze 1916) si trasferisce a Pistoia (e poi, nel 1885 a Firenze); ispirandosi ai liutai toscani del passato, sebbene non ebbe importanti maestri, seppe costruire strumenti molto apprezzati, con uno stile personale che influenzò diversi liutai del XX secolo.

Ma non tutta la liuteria toscana è frutto di immigrazioni da altre regioni: c’è una linea più propriamente autoctona che partendo da Fernando Del Perugia (1857 – 1931) comprende liutai che hanno prodotto strumenti di straordinaria qualità, “attrezzi di lavoro” che hanno fedelmente servito generazioni di musicisti. Tra questi ricordiamo Serafino e Lapo Casini, Alfio Batelli, Fernando Ferroni, Giuseppe e Alfredo Del Lungo, Dario Vettori, Giuseppe Bargelli, Edoardo Martini. Tutti questi liutai vissero e operarono a Firenze o nelle vicinanze; ma interessante per quantità e qualità è stata anche la produzione di strumenti nelle altre città toscane. Luigi e Oreste Cavallini ad Arezzo; Stelio Rossi a Siena, Loris Lanini a Pontedera, Cesare Maggiali a Carrara; Guido Maraviglia a Pistoia.

Ma il “ramo” che ha avuto maggiori riconoscimenti è certamente quello derivante da Leandro Bisiach. Chiamato dal Conte Chigi a Siena per assisterlo nella creazione di un importante collezione di strumenti musicali, incontrò Igino Sderci (Gaiole in Chianti 1884 – Firenze 1983). Le doti del giovane ebanista-liutaio dilettante non sfuggirono a Bisiach che ne curò la formazione presso la sua bottega di Milano. Successivamente Sderci incontrò anche Simone Sacconi da cui la sua attività ebbe ulteriore impulso. Nel 1939 Sderci produsse la famosa viola poi utilizzata da Piero Farulli nel Quartetto Italiano. Sderci, di carattere semplice e schivo, collaborò sia con Sacconi che con Bisiach anche sotto l’aspetto commerciale. In particolare uno dei figli di Leandro, Carlo Bisiach (Milano 1892 – Firenze 1968), dopo un periodo di formazione in Francia, lavorò a Firenze per tutta la vita e collaborò assiduamente con Sderci. Piero Badalassi (Pisa 1915 – 1991), dopo un promettente inizio da autodidatta, si avvalse dei consigli di Sderci ottenendo importanti riconoscimenti. Tra i discepoli di Sderci, ricordiamo certamente il figlio Luciano (Firenze 1917 – 1986) che lavorò sempre con il padre e Mitsumasa Usui prematuramente scomparso a Firenze nel 1987.

(testo di Paolo Sorgentone)